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Storia e curiosità
La storia del castello di Santo Stefano d’Aveto è avvolta in parte dal mistero.
Purtroppo mancano documenti cartacei o indagini stratigrafiche che ne certifichino l’esistenza nella fase che va dal 1200 alla seconda metà del 1400.
Grazie ad un documento cartaceo del 1251 si sa che a Santo Stefano d’Aveto esistevano alcuni mulini, appartenenti ai Malaspina dominus del luogo.
Poi solo ipotesi sull’esistenza di un “castro” o struttura difensiva, fors’anche in legno.
Un documento rintracciato da SBARBARO in Archivio di Stato a Parma cita “[...]1425 Inditione 3.a die 23, mensis aprilis in S. Stephano Valis Avanti in domo Dominurum Marchionem de Mulatio supra pontem dicta domus ad banchus iuris”. Indi si presume che a quel tempo a Santo Stefano, visto che il podestà dei Malaspina amministrava la giustizia sopra il pontile della loro casa, probabilmente fortificata, non esistesse un vero e proprio castello, bensì una struttura difensiva o torre.
Lo si evince da altro documento del 1475 rintracciato nell’Archivio di Stato di Parma da SBARBARO, già notato da FIORI, ove riguardo alla divisione dei beni fra i fratelli Pietro e Francesco Malaspina si cita “[...] et primo ... turrim de S.to Stefano Vallis Avanti cum hominibus de adherentia domum de Santo Stefano coherentiata cum canali cum suis pertinentiis”.
Detto documento ci permette di verificare che oltre alla casa citata nel 1425, a Santo Stefano di Val d’Aveto, i Malaspina possedevano una torre di difesa e controllo delle strade che collegavano il borgo con la Lombardia, ovvero il piacentino ed il pavese, ed altresì con il parmense, con il borgo di Rezzoaglio, con la Val Trebbia e la Val di Sturla.
Nella disputa del 1504 che oppone Gian Luigi Fieschi “il Grande” al succitato Francesco Malaspina il castello è costituito da “turrim una cum rivelino”.
Quindi, secondo CAVANA, il Malaspina ha fortificato il castello, ossia la torre di difesa anteponendole un saliente difensivo detto rivelino.
I resti della torre e del rivelino malaspiniani si possono ammirare ancor oggi, ripiegati su se stessi, fra i ruderi del castello di Santo Stefano d’Aveto.
La torre, secondo un documento di un Commissario di Antonio Doria del 1548, citato da GAMBARO, è così descritta “Nel cortile dalla parte di levante vi è piantata una torre di 48 palmi di diametro et alta 100. Le muraglie nel piede sono grosse da 12 a 14 piedi”.
In seguito alla Congiura dei Fieschi del 1547 il castello passerà di mano, dai Fieschi ad Antonio Doria fu G. B. cugino di Andrea Doria.
Si suppone che per questioni di prestigio Antonio Doria ed in seguito il figlio Gio Batta, investito marchese di Santo Stefano d’Aveto dall’imperatore, l’abbiano trasformato nel superbo fortilizio le cui forme, rivelate dal disegno dell’Ing. Domenico Revello eseguito tra il 1591/92, benché abbiano subito le ingiurie del tempo e degli uomini s’ammirano ancor oggi recandosi nella prestigiosa località della Val d’Aveto.
Infatti in documento del 7 ottobre 1562 rintracciato da SBARBARO nell’Archivio di Stato di Parma si cita descrivendo dei confini “[...] ab. strata publica ab. rivi decurentis penes castrum dicti loci”.
Da ciò si evince che il castello di Santo Stefano d’Aveto stava prendendo forma.
Indi chi erroneamente continua a parlare di castello dei Malaspina riferendosi all’attuale fortilizio, fatto costruire presumibilmente come detto dai Doria, dovrebbe attenersi ai documenti o ad eventuali indagini stratigrafiche.
Eretta sotto il dominio dei Malaspina presumibilmente è solo la torre con rivelino.
Testo e foto di: Sandro Sbarbaro