Il volto, che si scorge volgendo lo sguardo a monte lungo la strada comunale che porta alla Frazione di Zolezzi, fu scoperto durante un sopralluogo del Comune di Borzonasca per la costruzione della strada carrozzabile nel 1965.
L'eccezionale ritrovamento fu riportato sui quotidiani locali, tra cui il Corriere Mercantile, che uscì con un articolo in merito il primo febbraio di quell’anno.
La scultura è stata interpretata in un primo momento come l'effigie di Cristo. Secondo questa teoria si tratterebbe di un voto dei monaci Benedettini della vicina abbazia di Sant'Andrea per la avvenuta cristianizzazione della vallata, il che collocherebbe la realizzazione del Volto nel Medioevo. A suffragio di quest’ipotesi c’è una leggenda secondo la quale, una volta all'anno, gli abitanti della valle usavano radunarsi al cospetto della scultura per venerare e ringraziare il Signore. Stando sempre alla leggenda, quando i frati si allontanarono dal monastero anche la tradizione decadde e il Volto fu dimenticato.
Attualmente le ipotesi sulla sua creazione sono ancora controverse, ma si tende a far risalire la scultura a un tempo molto più antico, in particolare al Paleolitico superiore, che data l’incisione rupestre tra il 20.000 e il 12.000 a.C. C’è incertezza anche su alcuni particolari della raffigurazione; per esempio ci si chiede se, come appare, il volto sia incorniciato da capelli e una sorta di copricapo, e se sia un uomo o una donna. Se infatti il Volto risalisse al Paleolitico, si tratterebbe molto probabilmente di una divinità, che potrebbe essere tanto maschile quanto femminile, se fosse stato opera di una società matriarcale. Uno studioso ha ipotizzato inoltre che il retro della scultura, coperto dalla fitta vegetazione, potrebbe celare un’altra immagine, dato che il bifrontismo è frequente nelle sculture antropomorfe del Paleolitico.
In attesa che il Volto venga studiato a fondo da esperti, resta il mistero ad avvolgere la realizzazione e il significato della scultura, che sembra vigilare dall’alto sulla vallata del Penna e sulle antiche vie di comunicazione che collegavano il Tigullio alla Pianura Padana.
Francesca Vulpani